domenica 10 febbraio 2013

La sottile linea rossa


Frontiera di Rosso, ultimo fazzoletto di terra mauritana, anticamera  confusa e caotica per l'Africa Nera.

Il sorgere del Sole detta i tempi di una nuova giornata in questa terra di confine bagnata dal fiume Senegal, i suoi raggi si riflettono sull'acqua calma, soltanto lievemente scossa dalla lenta chiatta che si è staccata dalla riva opposta, mentre il rumore del motore di quest'ultima è ancora solamente un ronzio, sovrastato dal susseguirsi di voci dai suoni stranieri che si  accavallano nello spiazzo di cemento davanti alla riva. Alle mie spalle si chiude il cancello della dogana mauritana, la strada dritta e lunga duemila chilometri è oltre quel cancello, quella stessa strada che partendo dall'Italia mi aveva portato fino a lì insieme ad altri amici solcandola con le ruote dell'auto per ogni suo centimetro, inseguendo un sogno abbastanza forte da resistere ai colpi di vento della realtà: raggiungere il golfo del Benin via terra trasportando con sé un seme, nella speranza che in quella terra possa crescere forte e dare buoni frutti. Quella strada lunga migliaia di chilometri che scende verso sud, attraversando prima il Marocco e poi il Sahara Occidentale e la Mauritania, non è che una sottile striscia d'asfalto, stretta e compressa da quei due giganti che a fatica riesce a dividere: l'immensità dell'oceano Atlantico a Ovest, l'infinità vastità di sabbia dorata del deserto del Sahara a Est. Ma quella strada era anche un corridoio, un punto di incontro di culture diverse, un crocevia di gente in movimento, di speranze erranti. Ora il rumore del motore della chiatta si percepisce più distintamente tanto da riportarmi al momento presente. Mi avvicino alla macchina che riposa in attesa di continuare per oltre quattromila chilometri, gli altri ragazzi del gruppo sono stati accerchiati da bambini festanti, ognuno desideroso di giocare e di divertirsi, ingannando così la lunga attesa di chi è costretto a vivere in un posto di frontiera, incatenato a quel luogo e senza la possibilità concreta di allontanarsi da esso, soltanto con la fugace possibilità di entrare in contatto con il mondo che è fuori attraverso le persone che sono di passaggio, sapendo che è solo questione di attimi e poi le loro strade si separeranno ancora. Gli guardo tutti indistintamente, i miei compagni di viaggio e quel gruppo festante di piedi scalzi e teste rasate, e per un attimo, non so se per la stanchezza o per l'emozione, non distinguo più l'adulto dal bambino, l'energia vitale di quei ragazzi, le loro risate, la loro gioia, sono la forza trascinante di questa terra e nessuno non può rimanerne che contagiato e risucchiato da questo vortice di pura Vita. Soltanto un bambino sembra non voler partecipare a tutto ciò, preferendo seguire il filo dei suoi pensieri che quello del gioco. Il suo dito scivola lungo la sottile linea rossa sulla grande cartina stampata sul cofano dell'auto con segnalato il percorso dall'Italia al Golfo del Benin. Seguo in silenzio e con lo sguardo quel piccolo dito mentre lentamente oltrepassa confini immaginari ed inesistenti, supera il Senegal e deviando verso Est nel Mali e oltre, in direzione di quel Burkina Faso terra di uomini integri, e ancora avanti in Togo e Benin, giungendo a fermarsi alla fine del percorso della cartina segnato in rosso, fino a ritrovare lo stesso Oceano salutato quella stessa mattina.  Alza lo sguardo e mi chiede in francese: "Cosa c'è alla fine della strada?". 

Allora gli risposi con un sorriso, ma ora, a distanza di tre anni posso finalmente rispondergli: lì ora c'è una parte di me e di tutti i ragazzi dell'associazione AFRICASA ONLUS che hanno creduto a questa idea. 
E quel posto adesso ha un nome preciso, Dafo, un villaggio situato in un luogo sconosciuto ai molti, che è il Togo, dove quel seme è stato piantato e, con la fiducia e la sincerità che rende stabili i rapporti, è cresciuto fino a diventare una realtà locale. L'associazione AFRICASA è nata dopo quel viaggio di tre anni fa, effettuato da tutti noi con lo spirito di chi abbraccia un'esperienza senza preconcetti e pregiudizi, riducendo tutto all'essenzialità di conoscere nuove culture, comprendere nuovi punti di vista di questo mondo globalizzato che ha chiuso tutto in definizioni e rapporti di classe, fino a farci dimenticare quanto tutti siamo uguali. E questo progetto è partito sulle fondamenta della ricerca di questo contatto umano di fratellanza, un viaggio effettuato per conoscere nuove realtà e ascoltarle, aprendosi a esse ed abbandonandosi sciogliendo le proprie resistenze fino a riscoprire il lato autentico dell'amicizia. 

Quella vecchia jeep che ci trasportò oltre il Tropico del Cancro fu allora venduta per andare a finanziare con soldi togolesi dei progetti visitati, quell'auto divenne un mezzo per  trasformare un viaggio in qualcosa di concreto per altri: l'acquisto di una cisterna d'acqua e  la ristrutturazione di un laboratorio d'informatica di una scuola di quartiere. Il significato di quel viaggio era semplicemente collegare persone, era dimostrare che, nonostante le distanze geografiche e culturali era possibile incontrarsi per far nascere un progetto: diventare parte attiva di un cambiamento che abbia come obiettivo il miglioramento della condizione della Vita del prossimo.
A seguito di quel primo viaggio si sono intensificati i rapporti con l'associazione togolese AJVSM del villaggio di Dafo, ponendo le basi, attraverso successivi soggiorni, per supportare progetti da loro proposti e gestiti, come la costruzione di una piccola biblioteca locale con testi portati nel primo viaggio, un luogo riservato ad attività ludiche per i bambini del villaggio e con la possibilità, grazie all'aiuto volontario dei ragazzi del villaggio, di creare uno spazio di supporto per bambini della scuola locale con problematiche di alfabetizzazione. E' stato inoltre possibile finanziare l'operazione medica al femore di Didier, un ragazzo del villaggio, ed è stato avviato un progetto di volontariato estivo che permetta, a chi volesse mettersi in gioco riscoprendo il fascino dell'incontro con gli altri e con sé stessi, di comprendere meglio questa realtà investendo parte del proprio Tempo nella direzione del comune spirito di fratellanza. Un sentimento che ha trovato nei sostenitori dell'associazione un aiuto essenziale per trasformare in realtà quello che allora era solo un sogno. Come nel caso di Mauro della ditta IRCI che ha creduto in questo progetto, e unendo l'esperienza tecnica accumulata in precedenti contesti  analoghi, parteciperà alla creazione di un nuovo importante obiettivo, proposto dalla comunità locale di Dafo e progettato insieme all'associazione AJVSM: la creazione della una rete idrica per il villaggio, rete alimentata attraverso energia rinnovabile che permetterà di trasportare l'acqua, tramite canalizzazioni interrate, a una cisterna nel villaggio sgravando quindi bambini e donne del viaggio a piedi nella brousse per il recupero dell'acqua. Accessibilità all'acqua come accessibilità alla Vita, punto di partenza per un miglioramento della condizione, sia personale che della comunità.  

Davanti alla ciclicità del tempo che si ripropone, in procinto di pianificare un ulteriore viaggio via terra per attivare un servizio di trasporto locale tra il villaggio di Dafo e la capitale Lomé, servizio gestito dall'associazione AJVSM al fine di ottenere nel breve tempo indipendenza economica, condizione essenziale per partecipare a un progetto di cooperazione, lascio che queste brevi righe, cariche del sapore del ricordo e della speranza del futuro, siano un mezzo per presentare l'associazione facendo affiorare i principi su cui si poggia, sapendo che soltanto attraverso la partecipazione attiva è possibile ridurre la distanza che separa un Uomo da un suo fratello.

Frontiera di Rosso: fiume Senegal, versante nord mauritano

"Si chiama mal d'Africa ed è l'unica malattia dalla quale non voglio guarire" 

Toni Bocale - ASSOCIAZIONE AFRICASA ONLUS
C.F 91055370125 - sede legale via Aleardi, 22 - 21013 Gallarate (VA)
sede distaccata via Cà Marinelli, 11 - 47864 Pennabilli (RN) 
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